
Terza puntata della storia del basket torinese a cura dei gemelli Giorgio e Paolo Viberti
È domenica 2 ottobre 1983. Di buon mattino ci troviano in corso Turati, praticamente di fronte all'ospedale Mauriziano, dove c'è la sede della Berloni Torino, squadra sponsorizzata da un'azienda produttrice di cucine componibili con sede a Pesaro.
Un pullman sta aspettando col motore acceso, in programma c'è la prima partita di campionato, Serie A1, in casa del Basket Brescia. Siamo tutti curiosi ed emozionati, noi giornalisti come i giocatori della squadra torinese nella quale è al suo esordio un certo Scott May, campione Ncaa 1976 con gli Indiana Hoosiers di Bobby Knight, poi protagonista nella Nba a Chicago, Milwaukee e Detroit prima di sbarcare in Italia a metà stagione 1982-1983 proprio a Brescia, in sostituzione di Tom Abernethy. C'è grande attesa anche per il debutto sulla panchina torinese di Giuseppe "Dido" Guerrieri, il Professore, maestro di pallacanestro e di vita, maturità classica a Roma e qualche anno di medicina all'Università prima di buttarsi a tempo pieno nel basket: coach a Rimini e poi Vigevano, vice di Cesare Rubini al Simmenthal Milano, istruttore federale, quindi capo allenatore con Alco Bologna, Mobilquattro Milano e Mobiam Udine.
Allora (davvero altri tempi!) a qualcuno di noi giornalisti per le trasferte della Berloni era concesso persino di viaggiare in pullman con la squadra torinese, dove Guerrieri era una fucina di citazioni e di cultura: "Voi due gemelli Viberti siete con Tweedledum e Tweedledee in Alice nel Paese delle Meraviglia", ci dice col suo vocione e l'aria bonaria citando il famoso romanzo di Lewis Carroll.
Il suo vice Federico Danna, che era stato nostro avversario sul parquet (noi due gemelli alla Crocetta, lui all'Agnelli, tutti e tre del 1956) e compagno di squadra al liceo classico Massimo D'Azeglio, ci introduce fra i giganti di quella Berloni, che oltre a May schiera l'altro americano Bouchie, gli azzurri neocampioni europei Caglieris, Vecchiato e Sacchetti, Della Valle e il 18enne Morandotti.
Dopo tre ore di viaggio arriviamo in hotel a Brescia, pranziamo, poi i giocatori vanno a riposare. Alle 16,30 si riparte per il palasport e alle 18,30 inizia la partita che diventa subito un lungo, entusiasmante testa a testa perché anche Brescia - sponsorizzata dal brand Simmenthal, che era stato lo storico simbolo dell'Olimpia Milano - ha grandi ambizioni e schiera gli ottimi americani Stan Pietkiewicz, play, e Brad Branson, ala-centro, a fianco di Ario Costa, Marusic, Silvano Motta, Terenzi, Pedrotti...
Pietkiewicz si rivela una spada e segna 24 punti, Brandson domina sotto le plance e ne fa 22, ma Dido mischia con astuzia le carte della Berloni e May si fa rimpiangere dalla sua ex squadra, mettendone 29, ben spalleggiato da Sacchetti (21), Vecchiato (10), Caglieris (8), Bouchie (6), Della Valle e Morandotti (4 a testa). La Berloni lotta, soffre ma alla fine vince in volata e meritatamente 81-82: era nata l'epopea di Scott May, forse il più forte fra gli stranieri mai visti sotto la Mole, e Dido Guerrieri, l'allenatore che più di tutti ha lasciato un'impronta indelebile nella storia del basket torinese.
Giorgio e Paolo Viberti